L’inafferrabile senso delle cose
La vita con le sue incognite, l’amore con i suoi labirinti,
noi con le nostre domande…
3° romanzo della serie “Vita, amore e dintorni”
“A chi si sente fragile, a chi ama la vita, a chi batte forte il cuore e non sa perché…”
(Roberto Marzioli)
Quanto è difficile ascoltare il cuore?
Quanto mantenere una promessa?
Per un uomo verso il padre. Per un prete verso Dio.
Carlo è il titolare di una società di consulenza che ha ereditato, giurando di proseguire l’attività secondo i desideri del padre. Nonostante gli sforzi, però, il lavoro non va come dovrebbe e trascura la famiglia, il figlio adolescente Massimo e la moglie Viviana.
La donna sembra nascondergli qualcosa dietro un’esistenza che conduce senza grandi gioie né soddisfazioni.
Lui teme che lei lo tradisca.
Padre Federico è il parroco di quartiere. La sua fede non è mai stata solida.
Da sempre rimpiange un amore di gioventù, Lilly, perduta nel tunnel della droga dopo che lui l’aveva lasciata per entrare in seminario e dedicare la vita a Dio.
È innamorato di Viviana, un amore impossibile, che sconvolge la sua vita e che rende ancora più precaria la sua vocazione.
Un evento imprevisto che coinvolgerà Viviana e il passato che tornerà a tagliare come una lama cambieranno per sempre il destino di Carlo e padre Federico.
Sarà sempre più difficile per loro mantenere le promesse fatte.
L’amore di entrambi per la donna, l’ombra del tradimento, la relazione sentimentale fra due adolescenti, le tante domande senza risposta li porteranno a riflettere sulle incognite della vita e sui labirinti dell’amore.
Ma sarà troppo tardi?
E soprattutto, avrà ancora senso?
L’inafferrabile senso delle cose è disponibile qui su Amazon Store.
L’INAFFERRABILE SENSO DELLE COSE
Copyright © 2019 Roberto Marzioli
Collana: Vita, Amore e Dintorni
Data pubblicazione: dicembre 2019
ISBN-13: 978-1673696424
Pagine: 301
…
«Venga pure, padre.»
Una mano dalla carnagione chiara e le dita affusolate lo invitarono ad entrare.
Padre Federico si sorprese nel vedere il maglioncino chiaro a dolce vita che Viviana indossava e che si adagiava morbido sui seni, con l’orlo delle maniche ripiegato su se stesso come spesso lei faceva.
Lo portava la prima volta in cui lui aveva incontrato i suoi occhi, straordinariamente limpidi e vivi quel giorno, in chiesa, nella terza fila sulla destra, una fredda domenica di maggio dell’anno prima. Lei aveva sbattuto le ciglia e con apparente indifferenza le aveva chinate sul libretto della messa, anche se lui aveva giurato di aver visto sulle sue labbra comparire un tremore.
«Stavo tornando in chiesa. Solo un minuto e tolgo il disturbo» disse.
Da vicino non la trovava cambiata dal loro ultimo incontro: la pelle del viso era liscia e luminosa, forse un po’ più pallida, e negli occhi campeggiava sempre quella disarmante tenerezza velata di una perenne malinconia che rendeva il suo sguardo ancora più dolce e attraente.
Anche il soggiorno era lo stesso dell’ultima volta in cui si era recato in quella casa.
A metà della stanza, sulla destra, c’era il divano a elle color cenere e alla parete il mobile con le strutture in rovere grigio e le ante scorrevoli in vetro satinato che si alternavano con i vani a giorno in un gioco di chiaroscuri. Sulla sinistra le scale portavano al piano di sopra e sotto di esse, in posizione isolata, spiccava il pregevole Fazioli verticale un poco più grande del Bösendorfer che lui teneva in sagrestia.
Non faceva eccezione la sensazione che stava provando, uguale ad allora: lo stesso struggente imbarazzo di entrare in contatto con un pezzo di vita di Viviana, con uno spazio intimo che le apparteneva, di sapere che lei lì viveva, rideva, piangeva.
«Mi dia.» Viviana prese il casco e lo posò sul divano. «Si accomodi.»
Padre Federico guardò i suoi capelli ondeggiare.
Irrorati dalla luce calda del lampadario tendevano a un biondo chiaro e lucente che sapeva del sole d’estate, quando nel cielo non c’erano nubi e la voglia di vivere sembrava essere il dono più grande che Dio avesse loro regalato.
«È quasi ora di cena, non vi rubo troppo tempo. Volevo solo sapere come stava.»
«Ho ancora un cerchio alla testa, ma va decisamente meglio, grazie.»
«Non sa quanto mi fa piacere.»
Padre Federico ripensò alla quiete della sera, lungo il viale, all’aria fresca sul viso, al silenzio delle luci dei lampioni, così lontani dall’agitazione che sentiva fremere dentro.
Il piccolo tavolino accanto al divano lo riportò indietro nel tempo, al primo incidentale contatto con Viviana. Un profumo intenso di tè, una tazza di ceramica beige, lei che voleva porgerla, lui che la stava per prendere, una carezza delle dita, la pelle di lei soffice e calda.
«Prende qualcosa, padre?»
…